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17 gennaio 2014

Mamma e papà basta btp, investite su di me

Il futuro dei giovani bruciato dall'acquisto dei titoli di Stato

La cultura italiana per gli investimenti è parallela alla cultura politica, entrambe infatti vivono e si nutrono della stessa massima: “non cambiare mai”. La riflessione da fare intorno a questo argomento è molto importante perché da come si investe si può comprendere in quale direzione vada un Paese.

L’Italia, come tutti sappiamo, ha uno stock di debito di oltre 2000 mld incrementato a partire dagli anni ’80 quando la finanza statale creativa ha iniziato a stampare moneta e a fare spesa pubblica incontrollata, con tassi di inflazione annuale superiore al 10% e rendimenti dei bot al 15%. In diebus illis (per usare un termine rispondente all’evangelizzazione di quei tempi) l’investitore italiano è stato educato all’acquisto incondizionato di titoli di stato, affascinato dai tassi, dal fatto che lo Stato sembrava non poter fallire e soprattutto perché come dicono in tanti “allora si viveva bene”, e infatti mentre si mangiava non si pagava il conto. Ora evitiamo in questo post di parlare di rischio di portafoglio, di deviazioni standard, di tres e concentriamoci su aspetti logici, ma meno tecnici.

Quando si acquista un titolo di debito di uno Stato Sovrano si fa credito al Paese emittente, il quale utilizzerà tale debito per migliorare i servizi prodotti, costruirà infrastrutture, ne ammodernerà altre etc… tutto ciò ovviamente per il bene della Nazione. In Italia il nuovo debito viene emesso per coprire debito in scadenza e i fabbisogni finanziari, i quali tuttavia sono altri rispetto a quel 3% previsto da Maastricht per gli investimenti. Occorre quindi, precisare che tale debito non è utilizzato per ciò che in economia viene chiamato Totale dei Fattori Produttivi, ma piuttosto alimenta un circolo vizioso di sprechi e ruberie. Nel nostro Paese la spesa pubblica è di circa 800 mld, non così eccessiva in termini nominali, ma con un grande difetto di allocazione delle risorse gestite in maniera, a dir poco, malsana dalla classe politica.

A chi piace questa situazione?
Gli interessi reali sul debito sono quelli dei politici, per i quali le situazioni di emergenza sono comode per non cambiare nulla e continuare a nutrire mostri pubblici come le municipalizzate (caso Atac Roma ), sistemi di privilegi, amicizie e radicare sempre più nei territori i loro interessi particolari continuando a non fare il bene del Paese. Le generazioni dei giovani sono state bruciate dagli investimenti sbagliati delle generazioni precedenti, questo è il grande punto del passaggio intergenerazionale, questa è la vera realtà. Sono stati dati poteri e capitali a manager incompetenti verso i quali si è espressa per molto tempo un’incondizionata fiducia, mentre si abbandonavano figli davanti alle tv e si raccontava loro le favole del posto fisso, dei diritti dei lavoratori ed altre amenità anacronistiche.

L’Italia merita di più dai suoi figli. Dal capitale umano italiano sono nate idee di bellezza uniche nello stile, nella capacità di comunicare, nella forza. E’ arrivato il momento di investire nei giovani, nelle Startup, aiutare i ragazzi a fallire, a rialzarsi, a combattere per costruire la propria realizzazione. E’ arrivato il momento di cambiare strada, di camminare verso forme nuove di sostegno alle idee come il crowdfunding, di uscire da logiche di sistema, soprattutto laddove il sistema ha fallito, di attrarre talenti e di creare opportunità, perché la vera finanza serve a questo.

Basta Btp, basta dar capitali a chi spreca, è giunto il tempo di “affamare la Bestia”.
E’ necessario investire nell’Europa e nel presente e futuro dei ragazzi per dar loro speranza e fiducia nel futuro.


Daniele Rippa

2 commenti:

  1. Tutto ampiamente condivisibile e (purtroppo) vero. Ma quali speranze ci sono di cambiamento, quando sono gli stessi cittadini, sia padri che figli, a non volerlo? Cambiare mentalità è un processo lungo

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  2. I buoni fruttiferi a 12 anni sono scesi a 2.45% annuale netto, i conti deposito bancari (biennali) arrivano a 2.60%
    Non è più nemmeno economicamente conveniente investire in titoli di stato.

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