Sono da poco usciti i sette punti di
Grillo per le europee: già a cominciare dal fatto che un partito
anti-europeista voglia sedere al Parlamento europeo (come già la
Lega) mi fa ridere di gusto. Certo, vogliono andare a veder cosa si
fa, sacrosanto, ma ciò denota una impreparazione su quello che è il
campo del Diritto comunitario a livello di trattati internazionali
innanzitutto (come funzionano le cose) e a livello normativo in senso
stretto (basti pensare a tutta la normativa ISO, all'ufficio europeo
dei brevetti, alla normativa anti-trust, alla normativa sulla
tutela del consumatore o a quella sui diritti umani e i relativi
organi di giustizia). E questo in via pregiudiziale.
Poi, entrando nel merito
del primo dei sette punti, che senso ha a 10 anni circa dall'entrata
nell'Euro un referendum su di esso? Da quando la consultazione
popolare su un trattato già ratificato è mai stata considerata
rilevante internazionalmente? Senza considerare che il referendum
''non è ammesso [...]
per
le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali''
ex art. 75 comma 2 della nostra Costituzione, quella stessa
Costituzione di cui il M5S con Grillo in testa si erge a difensore
con la storia dell'impeachment contro Napolitano.
Pertanto delle due l'una: o la Costituzione è sbagliata o la
Costituzione va difesa a spada tratta. Senza considerare che uno
dei maggiori possessori di titoli di Stato italiani è la BCE che ha
acquistato i sopracitati titoli per stabilizzare il mercato e
sostanzialmente fare un favore all'Italia proprio perché facente
parte dell'Eurozona. Se un domani l'Italia dal giorno alla notte
dovesse uscire dall'Euro la BCE non avrebbe più motivo di tenere
titoli italiani che sarebbero così rivenduti sul mercato come junk
bonds, scatenando un'altra crisi dello spread. Parallelamente
gli interessi sul debito schizzerebbero alle stelle, come in ogni
normale situazione di mercato ad alto rischio.
Se il punto uno è
esplosivo, il punto due lo è un po' meno, ma rivela parimenti
un'ignoranza caprina sia del diritto internazionale sia della
gestione delle finanze pubbliche italiane che dei meccanismi di
spesa. Infatti il
c.d. Fiscal
compact
è un trattato internazionale e non una legge che l'Europa ci ha
imposto, come i più pensano: è un trattato, un accordo
internazionale. E in campo internazionale, come nel campo
privatistico, vige il principio pacta
sunt servanda al
quale si può derogare solo in caso di comune accordo tra le parti o
di situazioni eccezionali ed estreme, ma quest'ultima opzione è
meramente residuale. In aggiunta a ciò il Patto di bilancio europeo
opera su tre fronti: primo, chiede agli Stati aderenti di inserire in
Costituzione il principio di pareggio di bilancio; secondo, impone la
riduzione del debito pubblico/PIL del 5% annuo per venti anni fino ad
una soglia del 60%; terzo, impegna gli Stati ad emettere debito
pubblico in maniera coordinata con il Consiglio dell'Unione e con la
Commissione. A prescindere dalla campagna che fece Berlusconi
all'epoca per sbandierare l'inserimento del principio di pareggio di
bilancio in Costituzione
ben prima del Fiscal
compact,
capite bene che questi vincoli fanno paura solo a chi non vuole
tagliare la spesa pubblica. A chi, nonostante si riempia la bocca di
termini come ''taglio delle tasse'' e/o ''crescita'', crede che
l'unico modo per mandare avanti le finanze pubbliche siano
l'imposizione fiscale e il capitale di debito.
Il
terzo punto è ridicolo in se: dopo aver distrutto le casse dello
Stato italiano con politiche di emissione di bond
senza freni si vuole far pagare gli sprechi e le inefficienze della
politica italiana all'intera Unione con il ''Metodo brevettato Via XX
Settembre'', però usando o meglio abusando dei tassi d'interesse
della Germania. Già sappiamo come l'Italia ha sperperato nel
passaggio dalla Lira all'Euro il risparmio dovuto al taglio degli
interessi sul debito pubblico finanziando spesa corrente e non
riforme strutturali e diminuzione di pressione fiscale, ma adesso si
sta esagerando a voler abusare dei tassi tedeschi che sono
addirittura inferiori all'inflazione!
Il
quarto punto è il classico fumo e specchi che dice tutto e non dice
niente: quale sarebbe questa politica comune che si dovrebbe
sviluppare con i nuovi alleati? Ma soprattutto all'interno dello
scacchiere internazionale quanto è attuabile questa proposta?
Spagna, Grecia, Francia e Croazia sono dentro l'UE e con l'euro,
mentre l'Italia sarebbe fuori dall'UE e fuori dall'euro nelle
aspettative grilline. I paesi nordafricani sono per metà sotto il
manto protettivo francese, che forse è più un giogo, mentre un
altro terzo dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono
sconvolti da guerre e rivoluzioni. Rimangono Turchia e Tunisia come
partner affidabili e indipendenti con cui contrattare. Ma contrattare
cosa? La nascita di un nuovo Impero Romano? Mistero.
Passando
alle ultime tre proposte il lettore non può non chiedersi se questo
elenco sia stato stilato da una persona con qualche competenza:
nel
punto cinque si parla di escludere determinati investimenti dal
celeberrimo 3% così come nel punto sette si parla di abolizione del
pareggio di bilancio, queste norme sono contenute nel Fiscal
compact e
pertanto l'abolizione di uno comporterebbe l'automatica decadenza
delle altre due. Ma allora che senso ha ripetere ben tre volte lo
stesso concetto se non far credere che siano cose differenti? O c'è
ignoranza di quello che agilmente si potrebbe trovare su Wikipedia
o è in atto una vera e propria volontà di disinformare il popolo
italiano. E poi con che fine? Anche in questo caso: mistero.
Da
ultimo il punto sei è l'apoteosi dell'italianità, per citare Stanis
La Rochelle, è l'apoteosi di chi vuole ''la botte piena e la moglie
ubriaca'', di chi non vuole responsabilizzarsi di fronte agli altri
Stati, ma pretende che essi versino miliardi di euro per le attività
agricole e di allevamento. Su questo punto si possono fare due ordini
di considerazioni: da una parte considerare questi fondi come un
ulteriore sussidio comunitario per le attività rurali e il consumo
interno (oltre a quelli già previsti dal programma grillino come il
reddito di cittadinanza) e sull'efficacia di questi in una terra in
cui l'aiuto di Stato è la prima fonte di reddito per parecchie
persone, dall'altra si può considerare il fatto che ci sono già dei
Fondi strutturali europei che dovrebbero essere usati anche per
questo, ma che o vengono spesi male o non vengono proprio spesi. Per
non parlare della storiaccia dei 6,2 miliardi di euro che il MEF si è
trovato a dover racimolare in una notte per non perderne altrettanti
dalla cattiva Unione europea che affama i popoli mediterranei. (cfr.
http://giovaniperfare.blogspot.it/2013/12/fondi-strutturali-europei-lennesima.html)
In
conclusione cosa dire di questi sette punti se non che sono le solite
chiacchiere da bar in cui la colpa è sempre di quello che non c'è o
che non si capisce. Sono le solite strilla del condomino del piano di
sotto che si lamenta che deve pagare troppo di riscaldamento e che
quindi non paga la bolletta costringendo gli altri a pagare il
fornitore per lui, magari aggiungendo che egli non era d'accordo
sulla scelta dell'amministratore e gli aveva votato contro in
assemblea o addirittura non era presente e non lo aveva votato e
pertanto quella sarebbe una bolletta ingiusta che non deve pagare.
Alla
fine sono tutte beghe di condominio in cui chi deve pagare sono
sempre gli onesti.
Fabrizio Venturini
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