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6 gennaio 2014

Condominio Europa

Sono da poco usciti i sette punti di Grillo per le europee: già a cominciare dal fatto che un partito anti-europeista voglia sedere al Parlamento europeo (come già la Lega) mi fa ridere di gusto. Certo, vogliono andare a veder cosa si fa, sacrosanto, ma ciò denota una impreparazione su quello che è il campo del Diritto comunitario a livello di trattati internazionali innanzitutto (come funzionano le cose) e a livello normativo in senso stretto (basti pensare a tutta la normativa ISO, all'ufficio europeo dei brevetti, alla normativa anti-trust, alla normativa sulla tutela del consumatore o a quella sui diritti umani e i relativi organi di giustizia). E questo in via pregiudiziale.

Poi, entrando nel merito del primo dei sette punti, che senso ha a 10 anni circa dall'entrata nell'Euro un referendum su di esso? Da quando la consultazione popolare su un trattato già ratificato è mai stata considerata rilevante internazionalmente? Senza considerare che il referendum ''non è ammesso [...] per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali'' ex art. 75 comma 2 della nostra Costituzione, quella stessa Costituzione di cui il M5S con Grillo in testa si erge a difensore con la storia dell'impeachment contro Napolitano. Pertanto delle due l'una: o la Costituzione è sbagliata o la Costituzione va difesa a spada tratta. Senza considerare che uno dei maggiori possessori di titoli di Stato italiani è la BCE che ha acquistato i sopracitati titoli per stabilizzare il mercato e sostanzialmente fare un favore all'Italia proprio perché facente parte dell'Eurozona. Se un domani l'Italia dal giorno alla notte dovesse uscire dall'Euro la BCE non avrebbe più motivo di tenere titoli italiani che sarebbero così rivenduti sul mercato come junk bonds, scatenando un'altra crisi dello spread. Parallelamente gli interessi sul debito schizzerebbero alle stelle, come in ogni normale situazione di mercato ad alto rischio.

Se il punto uno è esplosivo, il punto due lo è un po' meno, ma rivela parimenti un'ignoranza caprina sia del diritto internazionale sia della gestione delle finanze pubbliche italiane che dei meccanismi di spesa. Infatti il c.d. Fiscal compact è un trattato internazionale e non una legge che l'Europa ci ha imposto, come i più pensano: è un trattato, un accordo internazionale. E in campo internazionale, come nel campo privatistico, vige il principio pacta sunt servanda al quale si può derogare solo in caso di comune accordo tra le parti o di situazioni eccezionali ed estreme, ma quest'ultima opzione è meramente residuale. In aggiunta a ciò il Patto di bilancio europeo opera su tre fronti: primo, chiede agli Stati aderenti di inserire in Costituzione il principio di pareggio di bilancio; secondo, impone la riduzione del debito pubblico/PIL del 5% annuo per venti anni fino ad una soglia del 60%; terzo, impegna gli Stati ad emettere debito pubblico in maniera coordinata con il Consiglio dell'Unione e con la Commissione. A prescindere dalla campagna che fece Berlusconi all'epoca per sbandierare l'inserimento del principio di pareggio di bilancio in Costituzione ben prima del Fiscal compact, capite bene che questi vincoli fanno paura solo a chi non vuole tagliare la spesa pubblica. A chi, nonostante si riempia la bocca di termini come ''taglio delle tasse'' e/o ''crescita'', crede che l'unico modo per mandare avanti le finanze pubbliche siano l'imposizione fiscale e il capitale di debito.

Il terzo punto è ridicolo in se: dopo aver distrutto le casse dello Stato italiano con politiche di emissione di bond senza freni si vuole far pagare gli sprechi e le inefficienze della politica italiana all'intera Unione con il ''Metodo brevettato Via XX Settembre'', però usando o meglio abusando dei tassi d'interesse della Germania. Già sappiamo come l'Italia ha sperperato nel passaggio dalla Lira all'Euro il risparmio dovuto al taglio degli interessi sul debito pubblico finanziando spesa corrente e non riforme strutturali e diminuzione di pressione fiscale, ma adesso si sta esagerando a voler abusare dei tassi tedeschi che sono addirittura inferiori all'inflazione!

Il quarto punto è il classico fumo e specchi che dice tutto e non dice niente: quale sarebbe questa politica comune che si dovrebbe sviluppare con i nuovi alleati? Ma soprattutto all'interno dello scacchiere internazionale quanto è attuabile questa proposta? Spagna, Grecia, Francia e Croazia sono dentro l'UE e con l'euro, mentre l'Italia sarebbe fuori dall'UE e fuori dall'euro nelle aspettative grilline. I paesi nordafricani sono per metà sotto il manto protettivo francese, che forse è più un giogo, mentre un altro terzo dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono sconvolti da guerre e rivoluzioni. Rimangono Turchia e Tunisia come partner affidabili e indipendenti con cui contrattare. Ma contrattare cosa? La nascita di un nuovo Impero Romano? Mistero.

Passando alle ultime tre proposte il lettore non può non chiedersi se questo elenco sia stato stilato da una persona con qualche competenza:
nel punto cinque si parla di escludere determinati investimenti dal celeberrimo 3% così come nel punto sette si parla di abolizione del pareggio di bilancio, queste norme sono contenute nel Fiscal compact e pertanto l'abolizione di uno comporterebbe l'automatica decadenza delle altre due. Ma allora che senso ha ripetere ben tre volte lo stesso concetto se non far credere che siano cose differenti? O c'è ignoranza di quello che agilmente si potrebbe trovare su Wikipedia o è in atto una vera e propria volontà di disinformare il popolo italiano. E poi con che fine? Anche in questo caso: mistero.

Da ultimo il punto sei è l'apoteosi dell'italianità, per citare Stanis La Rochelle, è l'apoteosi di chi vuole ''la botte piena e la moglie ubriaca'', di chi non vuole responsabilizzarsi di fronte agli altri Stati, ma pretende che essi versino miliardi di euro per le attività agricole e di allevamento. Su questo punto si possono fare due ordini di considerazioni: da una parte considerare questi fondi come un ulteriore sussidio comunitario per le attività rurali e il consumo interno (oltre a quelli già previsti dal programma grillino come il reddito di cittadinanza) e sull'efficacia di questi in una terra in cui l'aiuto di Stato è la prima fonte di reddito per parecchie persone, dall'altra si può considerare il fatto che ci sono già dei Fondi strutturali europei che dovrebbero essere usati anche per questo, ma che o vengono spesi male o non vengono proprio spesi. Per non parlare della storiaccia dei 6,2 miliardi di euro che il MEF si è trovato a dover racimolare in una notte per non perderne altrettanti dalla cattiva Unione europea che affama i popoli mediterranei. (cfr. http://giovaniperfare.blogspot.it/2013/12/fondi-strutturali-europei-lennesima.html)

In conclusione cosa dire di questi sette punti se non che sono le solite chiacchiere da bar in cui la colpa è sempre di quello che non c'è o che non si capisce. Sono le solite strilla del condomino del piano di sotto che si lamenta che deve pagare troppo di riscaldamento e che quindi non paga la bolletta costringendo gli altri a pagare il fornitore per lui, magari aggiungendo che egli non era d'accordo sulla scelta dell'amministratore e gli aveva votato contro in assemblea o addirittura non era presente e non lo aveva votato e pertanto quella sarebbe una bolletta ingiusta che non deve pagare.
Alla fine sono tutte beghe di condominio in cui chi deve pagare sono sempre gli onesti.


Fabrizio Venturini

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