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10 febbraio 2014

L'austerità italiana risparmia solo i parassiti

La scorsa settimana, Giorgio Napolitano ha tenuto un importante discorso nella sede del Parlamento Europeo di Strasburgo. Il Presidente della Repubblica, nell’auspicare “una crescita sostenuta e qualificata attraverso riforme strutturali”, ha messo in guardia da “scelte irresponsabili e demagogiche di debiti e deficit eccessivi”. Tuttavia, ha invitato a “riflettere sul circolo vizioso ormai insorto tra politiche restrittive nel campo della finanza pubblica e arretramento delle economie europee”, rimarcando il concetto in maniera perentoria: “Si ritiene che una politica di austerità a ogni costo non regga più”.

Se applichiamo questa analisi al caso italiano, non possiamo non notare l’incompletezza del discorso. Nel nostro Paese, infatti, le politiche di austerità sono state applicate in maniera rigida dal 2011, ma non nei confronti di tutti. C’è una parte di Italia che subisce pesanti sacrifici sotto forma di aumento di tasse esistenti e introduzione di nuovi balzelli, c’è un’altra parte di Italia, invece, che l’austerità non sa neanche cosa sia.

Prendiamo l’ultima manovra di bilancio approvata dal parlamento a fine dicembre. La Legge di Stabilità è un chiaro esempio dell’austerità all’italiana, che colpisce i produttori e risparmia i parassiti, e rappresenta perfettamente i motivi per cui l’Italia è in declino.
Se sul fronte tasse non vi era alcuna novità sostanziale, a parte i nomi buffi dati alla tassa sui servizi locali, l’avvento della Web Tax e gli aumenti dell’imposta di bollo, in realtà i nostri parlamentari erano concentrati in un’attività in cui eccellono dai tempi della prima repubblica: l’assalto alla diligenza. Obiettivo: garantirsi la prossima elezione, inondando di quattrini il proprio feudo elettorale o i propri sponsor politici, attraverso l’approvazione di tante micro spese dalla dubbia utilità. Alla faccia dell’austerità.

E così nel 2014 100.000 € andranno alla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea. Sempre l’anno prossimo spenderemo 200.000 € per uno studio di fattibilità per l’offerta trasportistica nello Stretto di Messina, oltre a 5.400.000 € per il trasporto marittimo veloce nella stessa area. La Scuola Cani Guida di Campagnano riceverà 300.000 € nel 2014, mentre gli enti vigilati dal Ministero della Difesa incasseranno 500.000 € all’anno nel periodo 2014-2016. Nel 2014 i contribuenti finanzieranno corsi di lingua e cultura italiana all’estero per 1.000.000 € e una collaborazione televisiva con la Repubblica di San Marino per 6.000.000 €. Fino al 2016 1.000.000 € all’anno andrà a coprire le attività di promozione sociale e di tutela degli associati svolte dalle associazioni combattentistiche, che prenderanno anche 1.500.000 € nei prossimi due anni per le celebrazioni del settantesimo anniversario della resistenza e della guerra di liberazione. Fortunati pure gli enti e le fondazioni vigilate dal Ministero dello Sviluppo Economico, che otterranno 1.000.000 € nel 2014 e 3.000.000 € nel 2015 e nel 2016. Oltre a essere prestigioso, il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea è anche costoso: 2.000.000 € nel 2014 per le attività di comunicazione, 64.000.000 € nello stesso anno e 2.000.000 € nel 2015 per le attività operative. Triennio felice (2.000.000 € all’anno) per gli enti vigilati dal Ministero dell’Interno, per l’Istituto Italiano per gli Studi Storici e per l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. 5.000.000 € verranno assegnati a favore della Fiera di Verona nel 2014, insieme a uno stanziamento di pari importo per fronteggiare l’emergenza del batterio Xyella fastidiosa.

In Italia, non solo si spende tanto, ma monitorare i costi costa: nel triennio 2014-2016, spenderemo 200.000 € all’anno per le attività di monitoraggio e di analisi della spesa in materia di attuazione delle opere pubbliche e 5.500.000 € all’anno per assumere 120 unità per vigilare sull’utilizzo dei fondi strutturali dell’Unione Europea; aggiungiamo 4.000.000 € nel 2014 e 2015 per il monitoraggio dei costi standard e il quadro in materia è completo. Le celebrazioni del centenario della Prima Guerra Mondiale ci costeranno 8.000.000 € nel 2014 e 5.000.000 € nel 2015 e 2016. Nel 2014 8.900.000 € pioveranno sugli enti vigilati dal Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo, insieme a un accantonamento annuale di 29.000.000 € nel prossimo triennio al Fondo Unico dello Spettacolo. Quest’anno i cittadini italiani pagheranno 35.000.000 € per l’emittenza radiotelevisiva locale, mentre le misure a sostegno dell’editoria ammonteranno a 50.000.000 € nel 2014, 40.000.000 € nel 2015 e 30.000.000 € nel 2016. Il cantiere interminabile della Salerno-Reggio Calabria è a corto di quattrini: ci pensa il governo a garantire 50.000.000 € nel 2014, 170.000.000 € nel 2015 e 120.000.000 € nel 2016 per il completamento dell’asse autostradale. Per finire in bellezza, 140.000.000 € all’anno nel periodo 2014-2016 saranno stanziati per interventi forestali in Calabria, manco fossimo in Canada.

E’ forse questa una politica improntata ad austerità? Vediamo di ripercorrere quello che è successo in Italia e che Napolitano e i rappresentanti dei partiti politici fingono di ignorare.
L’Unione Europea chiede ai Paesi aderenti all’euro il rispetto di un semplice vincolo di bilancio, pari al 3% del rapporto tra deficit e pil. Tale parametro può essere raggiunto in due modi: tassando di più, in modo da aumentare i ricavi dello Stato, oppure spendendo di meno, diminuendone i costi. L’opzione che i governi Prodi, Berlusconi, Monti e ora Letta hanno preferito è costituita dalla prima alternativa: hanno tassato fino all’inverosimile famiglie e imprese, evitando di ridimensionare e riorganizzare la spesa pubblica. L’apparato politico e burocratico, così, non è stato sottoposto ad alcuna cura dimagrante, necessaria dopo le scellerate politiche di spesa perseguite nel corso degli ultimi trent’anni; anzi, le maggioranze che si sono susseguite nelle recenti legislature hanno continuato ad assecondarne l’ingordigia attraverso decine di finanziamenti inutili. Lo Stato non ha mai sperimentato l’austerità su di sé, ma l’ha scaricata sui cittadini.

Il rigore dei conti pubblici a suon di tasse, che hanno messo in ginocchio interi settori produttivi dell’Italia, è il risultato della malafede e incapacità della classe politica, che ha fatto pagare ai privati i buchi di bilancio del pubblico. Le spese non tagliate della Legge di Stabilità sono lì a ricordarcelo.


Gabriele Marzorati

1 commento:

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