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24 febbraio 2014

Alzare il tiro è sempre un pericolo

Nel fine settimana appena trascorso abbiamo assistito all'effettiva entrata in carica del governo Renzi I tramite il giuramento al Quirinale di sabato e il primo discorso a Palazzo Madama dell'ex sindaco gigliato, ora in veste di premier.
Dopo avere assistito alle solite polemiche di routine, obiettivamente anche sensate, sulla squadra di governo presentata venerdì e su cui verrà fatta qui di seguito una riflessione, è importante commentare quello che è stato il discorso ad ampio raggio effettuato oggi al Senato.
Per chi vi scrive fa, o almeno dovrebbe far piacere, che molti degli argomenti affrontati negli ottanta minuti a "braccio" da parte del premier fiorentino, sono colonne portanti delle riforme elencate nei famosi dieci punti del programma di Fare per Fermare il Declino.
Spiccano infatti la riduzione del cuneo fiscale (addirittura con un decremento a doppia cifra, ndr), la valutazione dei dirigenti e burocrati della pubblica amministrazione e la riforma della giustizia, per troppi anni sottoposta a "derby ideologici". Non sono mancate poi alcune stoccate verso i senatori dell'ala pentastellata, riguardanti la guida "non democratica" di Beppe Grillo, forse anche alla luce delle
consultazioni in streaming.
Sicuramente molto ambizioso il programma del primo governo a guida Matteo Renzi, ma le perplessità su tutto ciò restano, e anche in maniera insistente.
Viene infatti da domandarsi dove sia il radicale cambiamento tanto paventato dal presidente del consiglio, quando molti nomi della squadra attuale sono gli stessi del precedente governo Letta ed alcuni di questi sono rappresentanza palese di lobby consistenti nel nostro paese quali Legacoop e Comunione Liberazione. Inoltre della raccomandazione, vedasi il caso Marianna Madia (per cui il sottoscritto vi segnala un accattivante articolo del matematico Piergiorgio Odifreddi sul suo blog), che ha ben poco a che fare con la meritocrazia.
In secondo luogo viene da domandarsi, come già spiegato in precedenti articoli, come si reperiranno le risorse per quelle che sono le riforme chiave da effettuare, se non con un radicale taglio alla spesa pubblica che già il governo Letta ha dimostrato di non riuscire a mandare in porto.
Spezzando però una lancia verso l'attuale esecutivo, vi sono due punti che preme mettere in evidenza.
Per prima cosa questo governo nasce privo di ricatti berlusconiani sull'abolizione di una tassa, verificatasi poi non sostenibile dal punto di vista delle coperture. Se Alfano e il suo Nuovo Centrodestra intendono rosicchiare voti a Forza Italia, sia per le imminenti elezioni europee che per le future, ma forse non troppo, elezioni politiche; allora ha tutto l'interesse a collaborare all'ambizioso traguardo renziano di "una riforma al mese".
La seconda e conclusiva riflessione fa riferimento alle lobby e ai gruppi di interesse rappresentati in questo governo. Vi è quindi la possibilità che importanti e radicali riforme, difficilmente attuabili in un paese dall'assetto frammentato e corporativo come il nostro
, siano più facilmente perseguibili tramite un esecutivo che fotografi questi gruppi e magari ne freni le spinte conservatrici.
E voi la dareste la fiducia?

Nicolò Guicciardi

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