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28 dicembre 2013

Salvo Romano Impero

È da poco stato approvato alla Camera dei Deputati il decreto cosiddetto "Milleproroghe" che, oltre a prevedere misure complessive che ammontano a 6 miliardi di euro riguardanti il capitolo lavoro, comprende buona parte del decreto "salva Roma”, ideato per il ripianamento del bilancio del comune capitolino e bocciato qualche giorno fa dalla Camera.

Tale provvedimento conferma il travaso di 500 milioni di euro, previsto per la gestione commissariale, e l'aumento dell'addizionale Irpef di un ulteriore 0,3% che, sommata all'aliquota attuale dello 0,9%, vede quindi un aumento complessivo dell'1,2%: un vero e proprio salasso per i cittadini romani.
Focalizzandosi però sul primo punto saliente indicato nel decreto, ossia i 500 milioni di euro destinati al ripianamento del bilancio del Campidoglio, verrebbe da riflettere sulla questione del federalismo di cui ormai da anni si sente discutere. Ci si chiede appunto a che titolo la malagestione delle finanze comunali della capitale debba gravare su tutti gli italiani che pagano le tasse , siano questi di Milano o di Palermo. Il federalismo fiscale non deve in alcun modo essere macchiato da discriminazioni territoriali, proprie di alcuni slogan proto-leghisti dei primi anni novanta.

Tornando sui pasticci del comune di Roma, uno degli episodi più scandalosi che salta in mente è il caso dei biglietti duplicati dell'azienda di pubblico trasporto ATAC su cui è doveroso fare qualche considerazione. Secondo l'ultima nota dell'ufficio stampa di Confindustria, il cosiddetto "capitalismo di Stato" prevede costi di gestione che si attestano sui 23 miliardi di euro, pari all'1,4 % del PIL. Senza lanciarsi in generalizzazioni fini a se stesse, sappiamo bene che  queste società a partecipazione pubblica, a partire dall’ATAC, spesso servono solo all'elargizione di posti di lavoro, utili ai politici locali per mantenere consenso elettorale. Nella maggior parte dei casi non hanno nemmeno rendite significative. Anzi, nel 2012 più di un terzo di questi enti risultava in perdita, per un ammontare complessivo di 4 miliardi di euro. Oneri a cui il nostro paese, specialmente in questo periodo difficile, non può certo permettersi di far fronte. 

Immaginiamo di recuperare la totalità di questi complessivi 23 miliardi tramite privatizzazioni e/o dismissioni. Quanti obiettivi, che a prima vista sembrano irrealizzabili in tempi brevi, si potrebbero raggiungere? Una buona parte, sicuramente.


Nicolò Guicciardi

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