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27 dicembre 2013

La colpa è nostra, non dell’Euro

In queste ultime settimane abbiamo assistito ad un'enciclopedia di interventi mediatici sia a favore che contro l’Euro. Da mesi economisti, giornalisti e politici si prodigano in discorsi che hanno molti punti deboli e quasi sempre finiscono con l’essere graditi dalla pancia di molti “italioti”, ma non dal cervello di chi studia l’economia giornalmente. Tutti questi giullari mediatici spiegano, utilizzando ragionamento e approccio sbagliati, come l’uscita dall’Euro sia il rimedio a tutti i mali e ci raccontano che, se l’Italia tornasse alla Lira, tornerebbe ad esportare di più, avrebbe una bilancia commerciale positiva e sarebbe molto più competitiva di tutti i paesi del mondo messi insieme: alla faccia della Germania, brutta e cattiva.

Lasciatemi dire che tutti questi economisti danno l’impressione di avere una visione economica limitata, soprattutto da un punto di vista temporale. Nel corso di questi ultimi trent’anni il mondo è cambiato a causa della globalizzazione. Che piaccia a meno, l’Italia del 2013 non si trova più a dover competere a livello internazionale con pochi paesi come è avvenuto per quasi tutta la seconda metà del secolo scorso. A partire dalla fine degli anni ’80, il mondo si è trasformato e le vecchie potenze occidentali si sono gradualmente trovate a competere con i paesi emergenti. Verso la metà degli anni ’90, il mondo vide la crescita esponenziale delle “tigri asiatiche”, mentre oggi si assiste al frenetico sviluppo dei BRICS. Al contrario di quanto accadeva venticinque anni fa, l’Italia si trova a dover competere “contro” decine di paesi, già avvantaggiati nelle condizioni attuali e praticamente impossibili da avvicinare in caso di un abbandono dell’Euro e dell’Unione Europea. La globalizzazione dovrebbe essere la sfida più intrigante da affrontare in un mondo sempre più libero, interconnesso e unico e non la paura da cui nascondersi.

Nel corso dei primi 9 anni di moneta unica, se consideriamo anche il periodo 1999-2001 (biennio in cui l’Euro veniva utilizzato per le transazioni finanziarie) tutti i dodici paesi che decisero di dotarsi di un'unione monetaria europea videro migliorare sensibilmente la maggior parte dei loro principali dati macroeconomici. Prendendo in considerazione il nostro paese, è vero che il pil crebbe solo dello 0,4% annuo, ma la modesta crescita è il risultato di una forte pressione fiscale interna e delle riforme strutturali mai affrontate. D’altro canto, l’inflazione, il tasso di interesse sui titoli di stato, il debito pubblico e la disoccupazione migliorarono in modo sensibile. Tralasciando lo scoppio della crisi finanziaria, iniziata nel 2007/2008, l’Italia tra il 1999 ed il 2007 fu caratterizzata da: un tasso di inflazione piuttosto stabile, sempre attestato intorno al 1,5%-2%; una forte riduzione del tasso di interessi sui titoli di stato a lungo termine (che si ridusse dal 13% del 1993 al 3% del 2006/2007); un debito pubblico che, grazie al basso tasso di interesse sui titoli di stato si abbassò fino a toccare il 103,47% nel 2007 ed, infine, una disoccupazione che tra il 1999 ed il 2007 crollò dall’11% al 6%.

Tutti questi dati, che risultano essere i principali indicatori macroeconomici per analizzare il benessere di una nazione, mostrano come il nostro paese, nonostante una classe dirigente di scarso livello, abbia guadagnato molto nel corso del primi anni dell’Euro. I giullari mediatici, invece, sostengono il contrario credendo che filosofeggiare su argomenti così importanti sia il modo giusto per spiegare ai cittadini la verità. Analizzando in modo erroneo addirittura alcune teorie portanti dell’economia internazionale, tra cui il principio di Marshall-Lerner, secondo cui la bilancia commerciale di un paese dipenda in modo diretto non tanto dalla svalutazione della moneta in sé, quanto dall’elasticità della domanda. Inoltre, tutti questi economisti dimenticano un fattore incredibilmente importante, che potremmo definire al giorno d’oggi IL FATTORE economico per eccellenza: il mercato. Non è, infatti, un caso che dal Luglio 2012, mese in cui Mario Draghi dichiarò l’Euro un processo irreversibile e spiegò ai media che la BCE avrebbe fatto tutto il necessario per salvare la moneta unica, i mercati hanno incominciato a rallentare il loro pressing sull’EuroZona. Non è infine un caso che poco più di due mesi fa il Premio Nobel per l’Economia sia andato a tre economisti americani che hanno portato avanti per anni interessanti teorie proprio sull’efficienza del mercato, evidenziando come sia proprio il mercato a dettare l’equilibrio economico mondiale e rimarcando quindi quel concetto, introdotto da Adam Smith per la prima volta nel 1759, della “Mano Invisibile”.

Da tutte queste piccole spiegazioni e confutazioni delle idee poco economiche e molto filosofiche degli economisti presi in questione possiamo quindi intuire come il principio di tutti i mali italiani non sia l’Euro ma sia l’incapacità del nostro paese, governato, controllato e organizzato da una politica vecchia e poco capace, di sapersi modernizzare attraverso politiche fiscali nuove, riforme strutturali e cultura liberale. In tutti i dibattiti televisivi il nostro paese viene spesso accostato alla Germania. Ricordiamoci che l’attuale “locomotiva d’Europa”, nel 1999 veniva additata dall’Economist come “il grande malato d’Europa” che necessitava di riforme strutturali per non collassare con la moneta unica. Tra il 2001 ed il 2006 il governo Schröder riformò tutto il sistema del lavoro e fiscale tedesco e il primo governo Merkel terminò tale percorso. I tedeschi pagarono caro tale processo riformativo, ma oggi godono di tale lungimiranza. In Italia bisognerebbe incominciare a raccontare la verità, a guardare la globalizzazione come qualcosa di positivo e affrontare i problemi in modo deciso, serio e forte, prendendo in considerazione i veri modelli da seguire: Schröder Docet. Se non si decidesse di fare ciò, Euro o non Euro, la fine sarebbe la stessa e per il mercato equivarrebbe alla D di Default.


Giovanni Caccavello

13 commenti:

  1. Articolo di un'ignoranza economica sublime. Se sono questi i giovani di FARE, siamo messi bene.

    Studi un po', signor Caccavello.

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    1. Caro "anomino". Sono contento del suo commento. I dati presi in considerazione sono stati riportati dal Fondo Monetario Internazionale e da Eurostat. La ringrazio comunque nel suo complimento. Mi piace cercare di osservare la realtà in modo diverso da quello che di solito viene raccontato alla pancia degli Italiani. In questo articolo non cerco infatti di raccontare verità assolute perché io e tutto il gruppo siamo aperti al dialogo con tutti. Ovviamente abbiamo i nostri ideali (liberali) e crediamo che l'Euro non sia il male assoluto ai problemi del nostro paese. Detto questo, parlando personalmente, io studio economia all'estero e l'anno prossimo finirò il percorso magistrale. Mi piace confrontarmi con chi la pensa diversamente da me proprio perché ritengo che ci sia sempre qualcosa da imparare e non ho preconcetti iniziali e non insulto se qualcuno la pensa in modo diverso dal mio. Visto che lei forse ha studiato più di me, in cosa crede abbia sbagliato? Grazie mille ancora e speriamo di imparare qualcosa anche oggi.

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  2. E l'Anonimo più non rispose...o almeno, a distanza di 36 ore, ancora non l'ha fatto...chissà perché.

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  3. Non se la sentiva di rispondere....probabilmente sono troppo scarso per i suoi livelli e non mi reputa uno studente serio di Economia...comunque capita spesso di non ricevere più risposte da "anomini" che commentano solo per il piacere di commentare. Non reputo di avere ragione ma credo che la descrizione fatta rispecchi la realtà dei fatti. Avere gente che commenta contro fa rumore e quindi è bello avere discussioni. Grazie Andrea del supporto, però! spero ci continuerai a leggere.

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  4. Caro Giovanni Caccavello,
    - mi spiega perchè nel periodo 2000-2005 la Germania ha potuto aumentare il proprio debito pubblico (dovuto a maggiori spese da 923 a 1043 mld di euro) nonostante il loro rapporto debito/pil fosse al 60,2% (quindi leggermente oltre parametro di Maastricht), mentre predicava rigore fiscale per gli altri paesi EMU (infatti paesi come Grecia, Irlanda, Italia, Spagna furono costretti ad abbassare il loro rapporto debito/pil)?
    - riguardo l'irreversibilità dell'euro, conosce gli artt. 139 e 140 del Trattato di Lisbona?
    - conosce la differenza tra spesa pubblica totale su pil, spesa pubblica corrente su pil e spesa primaria corrente su pil? (in caso affermativo, conosce la situazione dell'Italia rispetto agli altri paesi europei e alla media dei paesi europei EZ12 e EU27 per ogni singola voce che le ho indicato?
    - sà che la crisi nella zona euro ha origine nella finanza privata? ed è quindi una crisi di debito privato e non di debito pubblico?
    - mi sa dire secondo quale libro di macroeconomia si parla di teoria economica secondo cui il rapporto debito/pil deve attestarsi al 60% e il rapporto deficit/pil al 3%?
    nell'attesa, la ringrazio,
    cordialmente da uno dei tanti studenti d'economia d'Italia

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  5. Caro Anonimo. La ringrazio moltissimo del suo commento. Pubblico il commentoin due parti perché troppo lungo secondo i canoni del blog. Premetto innanzitutto di essere come lei uno studente di economia, appassionato probabilmente quanto lei delle tematiche di Integrazione Economica Europea, che sta cercando di dare il suo piccolo contributo per cercare di essere il più chiari possibile sulla questione Euro ed Unione Europea. Cercherò di rispondere alla sue domande cercando di essere, spero, chiaro, anche se dubito convincente visto che tale dibattito ormai vede confrontarsi due schieramenti che non intendono dare ragione all'altro per nessun motivo. Mi lasci anche dire che, pur difendendo l'Euro perché credo sia stato un avvenimento positivo per la nostra economia, visti anche i dati che riporto nell'articolo, credo che la struttura attuale dell'Euro non sia ottimale. Detto questo procedo:
    Prima questione: tra il 2000 ed il 2005, come detto nell'articolo, la Germania ha portato avanti riforme strutturali che hanno modificato profondamente l'assetto del paese governato allora da Schroeder. Se prendiamo in considerazione nello specifico il rapporto debito pubblico /PIL si può notare come nel 2000 tale dato fosse praticamente in linea con il parametro di Maastricht. Non credo che un eccedenza dello 0,2% sia paragonabile ad un eccedenza di circa 50 punti percentuali (in Italia nel 2000 il rapporto secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale era al 109,18). Comunque, al di la di questo, nonostante l'aumento delle spese, come scrive giustamente lei, nel 2001 la Germania ha avuto un rapporto debito/PIL pari al 58,83%. Il picco pre-crisi finanziaria è arrivato nel 2006 con un rapporto pari al 67,97%, rapporto che già nel 2007, anno dello scoppio della crisi dei mutui subprime americana, era già sceso al 64,91%, in linea con le aspettative di medio-lungo termine delle riforme portate avanti da Schroeder tra il 2001 ed il 2006. Come tutti infatti ben sappiamo, la maggior parte delle riforme strutturali hanno dei costi nel breve periodo che però si annulleranno nel medio-lungo periodo se tali riforme sono lungimiranti, efficaci e cercano di risolvere la causa iniziare dei problemi.
    Secondo punto: Ovviamente non conosco a memoria il trattato di Lisbona, ho provato a scaricare il trattato ma se non sbaglio è un trattato che tratta circa l'Unione Europea e non l'Unione Monetaria Europea (Zona Euro). I due concetti sono ben distinti. Il trattato di Lisbona, non tratta l'irreversibilità dell'Euro ma tratta del funzionamento dell'Unione Europea. Di irreversibilità dell'Euro si parla nel Trattato di Maastricht e nel protocollo che può trovare su questa pagina ( http://eur-lex.europa.eu/it/treaties/dat/11992M/htm/11992M.html#0087000011) si legge proprio la seguente frase: "Le parti contraenti dichiarano, firmando le nuove disposizioni del trattato concernenti l'Unione economica e monetaria, il carattere irreversibile della transizione della Comunità alla terza fase dell'Unione economica e monetaria.

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  6. Terza domanda: conosco la differenza tra spesa pubblica totale su Pil, spesa pubblica corrente e spesa primaria corrente su Pil. Tali spese variano da paese a paese in base al tipo di welfare che ogni singolo paese sviluppa. In Italia si spende molto e anche male visto che la spesa pubblica italiana supera gli 800 miliardi di Euro ed è in costante crescita da più di un decennio. Ricordo inoltre i dati pubblicati dalla Cgia di Mestre pochi mesi fa (fine agosto 2013): la spesa pubblica italiana, al netto degli interessi sul debito, dal 1997 a oggi è aumentata di quasi 296 miliardi di euro: alla fine di quest’anno le uscite, sempre al netto degli interessi, ammonteranno così a 726,6 miliardi. Tali dati si commentano da soli, credo.
    Quarta domanda: La crisi della zona euro ha origini molto complesse che derivano dalla globalizzazione della finanza (processo in continua espansione da più di 20 anni), dal credito troppo facile che, soprattutto negli Stati Uniti, portò alla crisi del 2007/2008, dai rischi sempre maggiori che le banche di investimento hanno portato avanti nei primi anni del nuovo millennio e ad una politica monetaria che, grazie al tasso di interesse troppo facile, ha sia creato diversi boom e bust sempre più "forti", sia narcotizzato il mercato che da anni senza il credito facile ha difficoltà nello svilupparsi. Ovviamente tali cause hanno portato il debito pubblico di tutti i paesi sviluppati ad aumentare, situazione che ha così indotto molto investitori a porsi dei dubbi sulla capacità di alcuni stati, quelli maggiormente colpiti da un debito pubblico troppo alto e da un sistema strutturale molto fragile, di sostenere tale debito. Come ho scritto in diversi articoli pubblicati da me in altri blog/giornali online credo che uno dei modi per poter cambiare tale situazione sia imporre alcune regole (poche ma molto molto serie, forti ed efficaci - andando così a migliorare l'attuale mercato deregolamentizzato) al mondo finanziario ed evitare di continuare a dopare l'economia "stampando moneta".
    Domanda quinta: Ovviamente su nessun libro di macroeconomia, a parte quelli specifici Integrazione Economica Europea che spiegano il perché di tale scelta. Nell'articolo non parlo di questo argomento perché reputo anche io che tali rapporti andrebbero rivisti. A questo però bisogna aggiungere alcune considerazioni: Agli inizi degli anni '90, quando si decise di avviare "irrevocabilmente la terza fase dell'Unione Monetaria Europea" come dice il trattato di Maastricht, gli stati membri, con un eccessivo ottimismo pensarono che la crescita reale annuale sarebbe stata di circa il 3%. Tale ipotesi reggeva poiché la media del rapporto Debito/Pil di tutti i paesi aderenti all'Euro era poco superiore al 60%. Ecco da dove derivano tali dati. Una bella spiegazione la trova nel liro scritto da Paul De Grauwe (Economics of Monetary Union - Nona edizione del 2012) oppure questo articolo scritto da Luigi Marattin (http://noisefromamerika.org/articolo/tutto-che-avreste-sempre-voluto-sapere-sul-limite-3-del-rapporto-deficit-pil). Riportano le due ipotesi che ti ho riportato io qui in brevissimo.
    Spero di aver risposto alle tue domande e ti ringrazio ancora delle tue domande. Mi piace molto il dibattito, soprattutto perché credo di aver ancora molto da imparare.
    Cordialissimi Saluti.
    (mi scus per la risposta troppo lunga ma ho cercato di essere il più chiaro possibile sulle mie posizioni) =)

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  7. Caro Giovanni,
    visto che siamo entrambi studenti, direi che potremmo darci tranquillamente del tu. Di seguito ti riporto le risposte che ritengo più dettagliate (e forse più obiettive):
    1) Debito/Pil 2000-2005 --> Germania da 60,2% a 68%: dal 2003 c'è un notevole aumento del debito tedesco (64,4%), dovuto alle famose riforme sul lavoro; questo aumento è il risultato di un aumento del deficit pubblico tedesco di 4,7 punti di Pil (da surplus di 1,3 nel 2000 a deficit di -3,4 nel 2005), si sono registrate maggiori spese (da 923mld a 1043mld, ossia 120mld) questi 120mld possono sono spiegati principalmente da 90mld destinati a sostenere l'economia attraverso sussidi alle imprese e politiche attive del mercato del lavoro, 8mld di aumento spese istruzione e 3mld per edilizia popolare. Quindi la Germania, mentre predicava ed imponeva rigore fiscale agli altri paesi EMU, praticava una svalutazione reale attraverso un programma di sussidi diretti e indiretti al proprio sistema produttivo (infatti grazie alla riforma sul lavoro, da un lato hanno “fessibilizzato” i contratti/lavoratori e dall’altro hanno elargito sussidi a chi perdeva il posto di lavoro). Praticamente hanno sussidiato l’abbassamento dei costi di produzione del sistema produttivo nazionale! Tutto questo mentre si predicava e si ammoniva chi superasse il 3% del rapporto deficit/Pil e quindi gli altri paesi hanno ubbidito agli ordini elargiti dall’alto e sempre nello stesso periodo hanno dovuto abbassare il loro rapporto Debito/Pil --> Italia da 108,6% a 105,7%, Spagna da 59,4% a 43,2%, Grecia da 104,4% a 98,8%, Irlanda da 37% a 27,2%. Siamo quindi di fronte al primo esempio di disuguaglianza dei paesi EMU. “Tu fai rigore, io no e spendo per fare riforme!”
    2)Visto che citi il Trattato di Maastricht inizio anch’io da questo: art.107 --> “il SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali) comprende la BCE e le banche centrali nazionali dei paesi membri dell’Unione Europea (attualmente 27), indipendentemente dall’adozione della moneta unica.” Trattato di Lisbona art.50 --> “prevede una precisa procedura di recesso volontario e unilaterale dall’appartenenza all’Unione Europea che va a modificare parzialmente il Trattato sull’Unione Europea, senza sostituirlo, concedendo la possibilità di poter abbandonare l’Unione Europea.” Come può essere contemplata questa eventualità senza la correlata possibilità di recedere anche dalla moneta comune? Sarebbe paradossale la situazione in cui si continuerebbe ad utilizzare l’euro come valuta nazionale pur non facendo più parte dell’Unione! E infatti, art.50 paragrafo 3 --> “I Trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data in vigore dell’accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica.”

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    1. 3)Spesa pubblica totale su Pil (media 1999-2012) dati AMECO (Annual Macro-ECOnomic Database) non potendo postare grafici, scrivo un elenco decrescente: 1.Francia 2.Finlandia 3.Austria 4.Belgio 5.Italia 6.EZ12 7.Grecia 8.EU27 9.Olanda 10.Germania 11.Portogallo 12.Spagna 13.Lussemburgo 14.Irlanda (in particolare Italia allineata con Eurozona).
      Spesa pubblica corrente (esclusi investimenti) su Pil (media 1999-2012) dati AMECO, elenco decrescente: 1.Francia 2.Finlandia 3.Belgio 4.Austria 5.Italia 6.EZ12 7.EU17 8.Germania 9.Olanda 10.Grecia 11.Portogallo 12.Spagna 13.Lussemburgo 14.Irlanda (Italia allineata con Eurozona)
      Spesa primaria corrente (esclusi anche interessi) su Pil (media 1999-2012) dati AMECO, elenco decrescente: 1.Francia 2.Finlandia 3.Austria 4.Belgio 5.EZ12 6.EU27 7.Germania 8.Olanda 9.Italia 10.Portogallo 11.Grecia 12.Lussemburgo 13.Spagna 14.Irlanda (senza interessi l’Italia è sotto la media europea!)
      Se vuoi guardare i grafici eccoti il link dell’articolo pubblicato dal mio Professore sul suo blog (spero che non venga oscurato essendo un blog esterno a questo) : http://goofynomics.blogspot.it/2013/03/la-spesa-pubblica-futura-memoria.html
      4) la crisi della zona euro ha origine nella finanza privata. Gli squilibri finanziari nel settore privato sono stati promossi da problemi di competitività e da mercati finanziari non regolamentati. E’ falso presentare la crisi della zona euro come crisi di debito pubblico. Le misure di austerità intraprese nella zona euro hanno di fatto peggiorato la situazione e si sa benissimo il perché! Ecco le affermazione dell’ex vice presidente della BCE Vitor Constancio: “Gli squilibri hanno trovato origine principalmente nel settore provato”, “spese finanziate dal settore bancario dei paesi creditori e debitori”, “il mercato finanziario europeo non ha funzionato in conformità con la teoria economica” (altri economisti avevano previsto tutto quello che sarebbe successo e sta succedendo vedi link http://goofynomics.blogspot.it/2011/12/euro-una-catastrofe-annunciata.html), “l’esposizione creditoria verso i paesi sotto stress è più che quintuplicata ” e infine “ciò ha portato alla perdita di competitività”.

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    2. 5)direi che questa frase dell’articolo di Marattin riassuma la validità dei vincoli scritti nel Trattato di Maastricht: “sono vincoli derivati matematicamente da scenari macroeconomici che non esistono più da almeno dieci anni e che difficilmente potranno tornare”.
      L’economia non essendo una scienza esatta deve fare affidamento alle teorie economiche e agli strumenti di politica monetaria. I tassi di cambio fissi, paesi che non hanno sovranità monetaria, valute deboli che si agganciano a monete portano solo al disastro perché limitano le possibilità di azione e correzione delle varie politiche monetarie ed economiche attuate dai paesi in questione. Un esempio evidente fu l’aggancio della moneta argentina al dollaro americano, in poco tempo andarono in default! Lo stesso sta accadendo per i paesi europei che si sono agganciati al marco (moneta forte dell’eurozona) e che hanno un’economia profondamente diversa dalla stessa Germania.
      Il premio nobel per l’economia Robert Mundell nel 1961 disse: “Quando Paesi strutturalmente diversi decidono di aggiogarsi sotto una moneta unica, se sorgono problemi, come una recessione mondiale, bisogna che nel Paese in maggiori difficoltà i lavoratori accettino di farsi tagliare i salari, o magari di emigrare in cerca di lavoro. Altrimenti, la moneta unica collasserà” --> nel 1961 ha previsto quello che sta accadendo in Europa già da qualche anno! Restando con la moneta unica la “celebre” riforma del lavoro che l’UE (o BundesBank come preferisci) costringerà ad applicare in Italia (e paesi in crisi come noi) riguarderà l’abbassamento dei salari e la flessibilità del lavoro. Una vera e propria svalutazione degli stipendi per recuperare competitività, tutto questo perché non è possibile svalutare la moneta!
      P.S. se sei contrario alla svalutazione della moneta, sappi che l’euro tra il gennaio 1999 e l’ottobre 2000 si è svalutato quasi del 30% (da 1,16 a 0,85 dollari per euro). Abbiamo avuto iperinflazione?

      A presto,
      auguri di buon anno.. il solito studente d’economia in Italia.

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  8. Buona sera caro Anonimo. Prima di tutto spero Capodanno sia trascorso nel miglior modo possibile. Seconda cosa sono molto contento dei tuoi commenti perché mi piace molto discutere.
    1) Come hai sottolineato proprio tu una buona parte dei debito che il governo tedesco ha "creato" tra il 2000 ed il 2005 è stato proprio dovuto alle riforme portate avanti dai due Governi Schroeder nel corso dei suoi due mandati (1998-2006). Non credo però sia giusto "incolpare" la Germania di aver portato avanti tutte le riforme strutturali (che non riguardarono solo il mondo del lavoro, come sicuramente saprai, visto che mi hai fatto notare anche dei dati che non ho mai preso in considerazione come la suddivisione delle varie "spese effettuate" dalla Germania nel corso di quegli anni. Per essere poi obiettivi, come ci piace essere, è giusto ricordare come i cinque criteri di convergenza firmati nel trattato di Maastricht, nei primi anni di "Unione Economica e Monetaria" risultavano essere vincolanti solamente per i paesi che volevano entrare a far parte dell'Euro-Zona. Come ben sappiamo, l'Italia, in teoria, non sarebbe nemmeno dovuta entrare ma in quanto paese troppo importante a livello Europeo e paese fondatore del primo embrione dell'Unione Europea si decise di raggiungere un accordo politico per poter far entrare il nostro paese nell'Euro, vista anche la nostra voglia, secondo me giusta, di aderire a tale progetto. Nel 1997, i paesi dell'Unione Europea, ratificarono il Patto di Stabilità e Crescita, patto che rafforzava il percorso di integrazione monetaria Europea iniziato nel 1992 con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht. All'Interno di tale patto il rapporto debito/PIL non era imposto come vincolante poiché, i firmatari reputarono valida l'idea che l'unione monetaria avrebbe contenuto i costi di indebitamento. I dati che ho riportato nel mio articolo dimostrano che questa idea non era del tutto sbagliata visti soprattutto i benefici che i paesi come l'Italia hanno avuto dall'Introduzione dell'Euro, su tutti, inflazione più bassa e tassi di interesse molto più bassi. Tali variabili infatti risultano molto importanti per calcolare il debito di uno stato. L'Italia, e questo, è un dato di fatto, non ha sfruttato l'occasione avuta e nei primi anni ha perso sempre più competitività. Così come la Germania, anche noi tra il 2000 ed il 2005 abbiamo avuto un rapporto Deficit/PIL sempre superiore al 3%, quindi credo sia giusto fare anche un po' di autocritica prima di incolpare sempre ed unicamente gli altri. Ricordiamo anche, per correttezza di cronaca, che è solo a partire dal 1° Gennaio 2013 che tutti gli stati membri dell'Unione Europea (eccetto Regno Unito e Repubblica Ceca) hanno deciso di mettere un stretta ai loro conti attraverso la precedente ratifica (2 Marzo 2012) del "Fiscal Compact", detto anche "Patto di Bilancio Europeo". E' infatti tale patto che ha introdotto molte regole, tra cui ad esempio il pareggio di bilancio e l'obbligo di ridurre il debito pubblico fino alla soglia del 60% nel corso dei prossimi vent'anni (a meno di deroghe speciali come quelle ottenute da Francia e Spagna, per esempio, che grazie alla loro capacità di mediazione sono riusciti ad ottenere alcuni "sconti", tra cui il pareggio di bilancio nel 2016 e noi come noi che grazie a Berlusconi e hai suoi impegni per dimostrare che la "crisi in Italia non c'era e non c'è mai stata" abbiamo sottoscritto il rientro nel pareggio di bilancio addirittura un anno prima del previsto, nel 2013 anziché nel 2014).

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  9. 2) Gli Stati Membri sono 28 (aggiungiamoci la povera Croazia entrata da poco) e non 27 ma al di la di questo (che non ci interessa granché) ci interessa di più sapere che il SEBC comprende tutte e 28 le banche centrali perché, una volta che i paesi entrano nell'Unione Europea, a meno di decisioni future (poco lungimiranti di uscire dall'Unione Europea, dovranno prima o poi entrare nell'Euro; eccezione fatta per Regno Unito e Danimarca che hanno delle garanzie particolari (ottenuto grazie, anche in questo caso ad ottime capacità di contrattazione da parte dei loro governi). Come hai poi giustamente ricordato tu, e come ti avevo fatto notare io nel mio commento precedente, il Trattato di Lisbona garantisce il funzionamento dell'Unione Europea, quindi i paesi possono uscire dall'Unione Europea ma, attualmente, non dall'Euro perché, attualmente, se un paese volesse uscire dall'Euro, (e questo credo sia un fatto negativo in principio) non può uscire in modo rapido in quanto non esistono dei metodi di "secessione monetaria". Su questo aspetto si dovrà sicuramente lavorare ma attualmente i dati ed i fatti ci mostrano che entrando nell'Euro non si può tornare più indietro (irreversibilità dettata dal Trattato di Maastricht). Inoltre, al di la del Regno Unito che è rimasto sempre storicamente scettico verso l'Unione Europea, nessun paese, credo, abbia particolari interessi ad uscire dall'Unione Europea, terzo livello di unione economica (dopo Area di Libero Scambio e unione doganale) che garantisce la libera mobilità di tutti i fattori di produzione e che ha portato molti benefici soprattutto per le aziende con maggior competizione, prezzi nel lungo periodo più bassi e maggiori opportunità di economia di scala.
    3) Noto con piacere che sei un allievo del professor Bagnai, che seguo con piacere nonostante le idee diverse in ambito di "uscita dall'Euro". Come aveva già scritto precedentemente il nostro problema (oltre alla crescita della spesa di quasi 300 miliardi negli ultimi 16 anni) è dovuto al fatto che spendiamo molto (la nostra spesa potrebbe essere più bassa e in tal caso potrebbe garantire tasse più basse per i cittadini, punto secondo me doveroso per poter recuperare competitività) e male (riprendendo la Germania, in 150 anni non siamo stati in grado di equilibrare le economie del Nord e del Sud causa incapacità politiche gigantesche e poca voglia di fare mentre a Berlino sono riusciti in 25 anni a riunificare sotto tutti i punti di vista la ex Germania Ovest e la ex Germania Est, riunificazione che, è costata moltissimo ai tedeschi, ai bilanci dello stato e alle casse del governo federato tedesco. Secondo quanto riportato dai media tedeschi - sono a fare un Erasmus in Germania attualmente - entro il 2018/2019 il divario tra Ovest ed Est si azzererà). Anche questi avvenimenti andrebbero tenuti in considerazione quando si parla di Italia, Germania e altri paesi europei.

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  10. 4) La crisi europea non è infatti una crisi del debito pubblico ma questa è la percezione che i mercati (gli investitori che operano nel mercato) hanno avuto con il passare del tempo. Come riporto nell'articolo in una società con un modella economico capitalista il mercato, come già uno dei padri dell'economia moderna, Adam Smith, scriveva, è il fattore fondamentale. Con un processo di globalizzazione impossibile da rallentare, i dati ed i fatti dimostrano come sia ancora di più mercato a dettare le leggi e a riequilibrare gli assetti economici mondiali. Il mercato non va ignorato e credo sia l'elemento più importante da tenere in considerazione quando si parla di "uscita dall'Euro". Cosa farebbe il mercato con noi? (domanda molto più importante che stare a guerreggiare tra noi europei, sapendo bene per primi che noi non abbiamo saputo sfruttare le potenzialità dell'Euro e non abbiamo fatto riforme, riforme che dallo scoppio della crisi l'Europa ci chiede in continuazione ma che non vengono mai fatte e che quindi non ci consentiranno mai di ridurre in modo stabile nel lungo periodo il debito pubblico e gli altri squilibri economici strutturali che abbiamo).
    5) Come scrive bene Marattin quell'idea è superata e credo che si debba ridiscutere a livello europeo certe tecnicità. Detto questo, punto sul qualche concordiamo e che ho già cercato di spiegare nel mio commento precedente, Robert Mundell, uno dei più grandi economisti in ambito di "Economia Monetaria Internazionale" ha proprio sviluppato gli studi sulle "Aree Monetarie Ottimali" e fu in passato uno degli economisti che spinse (nonostante i suoi studi) all'unione monetaria europea e che oggi, secondo quanto riportato dalla BBC, sta portando avanti un dibattito sulla creazione di una moneta unica globale. Non voglio entrare nel dettaglio di questa proposta ma è per essere corretti ed obiettivi sulla figura del grande Mundell (professore che stimo moltissimo). Come scrisse anche Mundell esiste un altro modo per poter equilibrare situazioni economiche e sociali diverse in caso di Shock Asimettrici all'interno di una Area Monetaria: un budget comune. Su questo credo che l'Europa debba continuare a lavorare ma ad oggi, grazie all'ottimo lavoro di Draghi, si sono fatti diversi passi avanti anche in questo ambito. Però, anche qui, l'Italia la sua strigliatina se la merita visto che i Fondi Strutturali Europei (che non vanno a bilancio sulle spese pubbliche nazionali), che fanno parte del budget europeo che mira a ridurre gli squilibri economici e sociali, sono stati utilizzati solo al 40% ed in modo sbagliato, finanziando migliaia di progetti senza una strategia e degli scopi ben precisi. Obiettivo di tali fondi (trovi un articolo su questo blog pubblicato ieri) è quello di aiutare i paesi (tra cui il nostro) a migliorare il mercato del lavoro e ad alzare il livello degli stipendi, sotto la media europea.
    P.s: non sono contro la svalutazione. Dico solo che certe azioni economiche vadano usate in modo saggio e non sistematico solo per tamponare in modo temporaneo i problemi che invece vanno risolti definitivamente.

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