Da pochi giorni è cominciata in
parlamento la discussione sulla riforma
costituzionale del Senato della Repubblica: uno degli argomenti cardine del
programma governativo di "una riforma al mese" firmato Matteo Renzi.
Essa prevede una sostanziale modifica
della camera in questione , che consiste nella creazione di un "Senato
delle Autonomie", composto da sindaci dei capoluoghi di regione,
presidenti di regione e consiglieri regionali , nonché da ventuno senatori a
vita nominati per alti meriti (ex presidenti della Repubblica inclusi). I
componenti di questo nuovo assetto parlamentare non dovrebbero poi ricevere
alcuna indennità, se non quella che già spetterebbe loro per quanto riguarda la
carica pubblica che ricoprono.
Chi vi scrive è da considerarsi un
"D'Alimontiano" di ferro: bisognerebbe abolire completamente il
Senato della Repubblica, dato che con una legge elettorale accettabile, che
permettesse ai cittadini di scegliersi i propri rappresentanti e tutelasse le
minoranze senza compromettere la stabilità governativa, 630 occhi basterebbero
e avanzerebbero per monitorare i processi decisionali. La rappresentanza non ne
risulterebbe scalfita, anche considerando l'elevato numero di parlamentari
italiani per abitante rispetto ad altri paesi come Germania , Regno Unito e USA
. E' doveroso però indicare quali potrebbero essere i punti migliorabili in
tutto ciò.
Tale assetto raggiunge senza dubbio gli
obiettivi che Renzi si era inizialmente posto , ossia quello per cui questa
camera non voterebbe la fiducia al governo e non sarebbe di fatto
"retribuita" , ma sembra tanto che il risultato finale di questa
riforma sia un pot-pourri poco coerente e scarsamente efficace.
Risultano infatti più che condivisibili
le affermazioni della senatrice di Sinistra Ecologia e Libertà De Petris, che
ha sottolineato pochi giorni fa la possibile trasformazione di tale ramo
parlamentare in un "porto di mare" per giunta mal visto dai cittadini,
visti i continui arresti e/o rinvii a giudizio dei consiglieri regionali da pochi mesi tristemente alle luci della
ribalta per la malagestione delle risorse pubbliche e le spese pazze, che in un
futuro forse non troppo remoto dovrebbero comporla.
Un'ulteriore punto che stride, riguarda
la partecipazione all'assemblea dei sindaci delle principali città italiane. La
presenza dei primi cittadini nell'
amministrazione delle proprie aree metropolitane in questo modo latiterebbe e
susciterebbe senza alcun dubbio i malumori dei cittadini , che hanno tutto il
diritto a pretendere la vicinanza dei propri amministratori. Non è infatti un
caso che Letizia Moratti fu incredibilmente scalzata da Giuliano Pisapia a
Milano, anche per le frequenti assenze dal consiglio comunale.
Il modello che sembra meglio
percorribile potrebbe essere quello tedesco , in cui il Bundesrat è composto
dai rappresentanti dei Laender , paragonabili in Italia alle attuali province,
da sottoporre anch'esse ad un processo di razionalizzazione ed accorpamento. Il
Bundesrat ha poteri di veto assoluto e sospensivo sulle questioni meramente di
competenza dei Laender stessi, ma non da la fiducia al governo.
Un plauso va comunque allo spirito che
sta utilizzando Matteo Renzi , che sta riuscendo nella complessa impresa di far
passare le istituzioni italiane da "non fare le cose" a "farle
maluccio". Chissà che con ulteriore impegno e perseveranza non si riesca
semplicemente a "fare le cose bene". Fino ad allora, in bocca al
lupo!
Nicolò Guicciardi
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