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24 gennaio 2014

Dall'Ici allo Iuc. Storia di una travagliata tassazione

Correva l'anno 1992 quando fu introdotta l'Ici, imposta comunale sugli immobili.

La storia dell'Ici è poco travagliata fino al 2006, quando il governo Berlusconi annuncia, suscitando lo stupore e grandi speranza nel popolo italiano, l'abolizione della famigerata tassa sulla prima casa. Detto fatto!
Nel 2008, il governo Berlusconi rientra nelle grazie dei cittadini italiani (non tutti, si spera!) con la “grande” manovra fiscale che sopprimeva definitivamente l'Ici. L'umiliata tassa costituiva la più grande entrata erariale per i Comuni, i quali navigano tutt'ora nel limbo del default. Ormai privati della propria autonomia impositiva gli enti comunali per compensare il buco di bilancio necessitavano di trasferimenti monetari. Dunque, da dove sono stati prelevati i soldi per il taglio dell'Ici? Come tutte le storie italiane che si rispettino, concediamo il beneficio del dubbio.

Successivamente, il quarto governo Berlusconi introduce l'Imu, imposta municipale, che sarebbe dovuta andare in vigore nel 2014. Purtroppo le circostanze, o qualche deus ex machina, ha voluto che tale governo fosse sostituito da un agglomerato di tecnici capeggiati dal professor Monti. Questo tale ha anticipato di due anni l’introduzione dell'Imu, applicandola anche alle abitazioni principali.
Gli italiani costernati e indignati per le “impensabili” manovre si son radunati nelle principali piazze della nazione, sostenuti anche dalla contrarietà di elementi di spicco, come il ministro Brunetta.
Ma andiamo avanti...

Il dispettoso deus ex machina (maledetti antagonisti!) contribuisce alla fine del governo Monti e il 29 aprile 2013 sale alla guida del Paese Enrico Letta. Letta provvede subito alla sospensione della prima rata dell'Imu e, sotto pressione dell'ex cortigiano, Renato Brunetta, il 29 agosto l'Imu viene dichiarata abolita. Dopo esser ritornati dalle proprie tenute estive, dopo aver fatto un bel po' di calcoli ci si rende conto che non vi era abbastanza pecunia per il rimborso ai comuni della prima rata dell'Imu. Nonostante le continue avversione, si procede con l’aumento dell’Iva, dal 21% al 22%. Resta da “risolvere” un ennesimo problema: la seconda rata dell’Imu. Il governo si impegna a non farla pagare ma le casse statali non permettono tali finanziamenti; in ogni caso riconosciamo le buone intenzioni. Dunque l’indagine per la copertura si sposta verso l’aumento al 128% dell’acconto Ires per banche e assicurazioni e all’incremento delle accise sul carburante.

Il punto di svolta arriva con la “service tax” che fornisce un contributo all’aumento della dislessia nel pronunciare i fantasiosi acronimi delle tasse. La service tax si compone della Tasi e della Tari. Quest’ultima è destinata a raccogliere i fondi per finanziare il servizio comunale di raccolta e smaltimento rifiuti a carico degli occupanti dell’immobile. La Tasi, tassa per la gestione dei servizi indivisibili, invece, a carico dei proprietari. La tassa sostituisce l’Imu ed è direttamente gestita dai Comuni, che definiscono le aliquote da pagare e le modalità di attuazione. Se il presupposto dell’Imu era la proprietà, quello della Tasi sono i servizi ma la base imponibile rimane la stessa, ossia la rendita catastale.

La Tari insieme la Tasi costituiscono la Taser, onde evitare confusione con storditori elettrici di Scuola di Polizia, ha preso il nome di Trise. Ma la Trise si trasforma in Tuc che, per chi fosse amante dei fantasy di Tolkien, è una delle famiglie Hobbit più importanti. Però questa è un’altra storia.
Dulcis in fundo, la Tuc diventa Iuc, suono onomatopeico che echeggia conati di vomito, come direbbe qualcuno. L’imposta unica comunale, comprende Imu, Tari e Tasi. L’aliquota Tari e Imu sulle seconde case non potrà superare il 10,6 per mille. L’aliquota Tasi non potrà superare, invece, il 2,5 per mille. Questo significa che chi possiede solo una abitazione principale (non ville, palazzi, abitazioni di lusso) non pagherà l’Imu , ma solo Tasi e Tari; chi possiede seconde case, attività commerciali, abitazioni di lusso pagherà Tasi, Tari e Imu.



Alla fine dei vari travagli per partorire tale riforma fiscale riconosciamo al Governo l’inventiva e la fervida immaginazione nella capacità di coniare neologismi.


Verdiana De Luca

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