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12 marzo 2014

Europa, un'opportunità finora sprecata

A maggio si terranno le elezioni europee. L'Italia è stato uno dei sei paesi fondatori, anche grazie all'importanza del pensiero di grandi uomini e donne come Altiero Spinelli. Per decenni, il nostro è stato un paese di europeisti, di persone che credevano con forza in un'Europa unita e che ritenevano che questa fosse l'unico mezzo per garantire pace e prosperità economica ai paesi continentali. Complici la crisi e le politiche di austerity spesso non comprese appieno e viste come ingiusta e cinica severità, tale percezione dell'Europa è mutata. Questo non è un problema esclusivamente italiano: i sondaggi francesi danno il Front National di Marine Le Pen come primo partito francese, mentre in Inghilterra l'UKIP (United Kingdom Independence Party) di Nigel Farage ha a sua volta ottime possibilità di fare il pieno di voti. E' quindi sensato interrogarsi su quali siano le cause di tale sfiducia nell'Unione Europea e chi siano i responsabili della mancata piena integrazione dell'Italia nel contesto comunitario.

Guardando al cammino dell'Italia, in questo lungo processo di integrazione europea, e quindi al suo passato, al suo presente ed al suo futuro, non possiamo non avere da una parte certezze e dall'altra timori, in particolare l'amara certezza che l'Unione europea ha rappresentato per il nostro paese una grandissima opportunità - ahimè - sprecata. Al di là di ciò che sostengono i crociati dell'anti-euro la moneta unica ha permesso al nostro paese risparmi sui tassi d'interesse dell'ordine di centinaia di miliardi. Risparmi che ci avrebbero quindi dato finalmente l'occasione di mettere mano al nostro debito pubblico e modernizzare il nostro paese, ma che al contrario, nella scarsa lungimiranza della nostra classe dirigente, sono stati proprio utilizzati per aumentare la spesa pubblica concorrendo a peggiorare il problema, nell'ottica di quell'avvilente politica degli applausi interessata a regalie e risultati immediati dal prezzo proibitivo per le generazioni future, quindi, per la NOSTRA generazione.

Dall'altra, legittimi timori non possono che essere rivolti al futuro: quanto a lungo l'Italia non saprà cogliere e sfruttare le opportunità forniteci dall'UE? Per quanto a lungo continueremo a sprecare e a non utilizzare i miliardi di euro dei finanziamenti comunitari che ci darebbero la preziosissima opportunità di rilanciare il nostro meridione e di modernizzare le infrastrutture italiane?
Solo il tempo ci darà la risposta ma, continuando con questo registro, difficilmente questa sarà quella sperata.

Risulta poi difficile biasimare l'appena citato atteggiamento di diffidenza verso l'Europa degli italiani, in ragione della scarsa considerazione che la nostra classe politica ha per decenni dato alle istituzioni comunitarie. Per troppo tempo, infatti, il Parlamento Europeo è stato il parcheggio degli incompetenti e dei trombati; questo i parlamentari degli altri paesi comunitari lo sanno fin troppo bene e di certo la cosa non va a nostro favore a livello di credibilità.
Lo scorso Ottobre ho avuto il piacere di visitare il Parlamento europeo assieme ad altri studenti, ospite dalla Presidente della Commissione Industria Lia Sartori, nostra corregionale.
La stessa Presidente in quella occasione ci disse che i nostri parlamentari spesso sono ignorati dai loro colleghi, poiché troppo vaghi e troppo dediti a discorsi fumosi e mediocri.In altre parole, i parlamentari degli altri paesi si limitano ad ascoltare i primi 30 secondi, per poi nella maggior parte dei casi mettere via l'auricolare con la traduzione e riprendere a lavorare sui loro documenti.

Tale atteggiamento della nostra politica evidentemente non è poi tanto cambiato visto lo scarso impegno nel costruire una proposta seria e concreta per le europee. Troppe liste e troppi candidati si sono ormai adagiati nel populismo più becero, in quella formula demenziale del meno Europa e più sovranità. Sovranità che assume in tale contesto tragica vuotezza.

Assolutamente legittimo, come ha sottolineato a mio avviso correttamente Guy Verhofstadt (ex premier belga ed ex presidente dell'ALDE) lo scorso 4 Marzo a Roma, chiedersi che valore e che significato avrà la sovranità in un contesto in cui i paesi nazionali non sapranno fronteggiare e vincere le sfide della globalizzazione? E che senso e che valore avrà la sovranità in un contesto in cui nel G8 non ci saremo più noi, ma nemmeno la Germania o la Francia bensì Cina, Brasile, India Russia, States e via discorrendo?

L'Italia ha bisogno di una voce forte e autorevole, questa deve giungere  senz'altro dai nostri parlamentari europei e da un nuovo modo di intendere le istituzioni comunitarie da parte della nostra Politica, ma è chiaro, tuttavia, che la vera partita europea non si giochi su quel campo.
Il Parlamento europeo ha pochi poteri e tra questi non vi è quello di iniziativa.
I veri attori ed artefici della costruzione di una posizione italiana credibile e forte sono infatti i membri dell'Esecutivo. Ovvero il premier ed i suoi Ministri in sede dei diversi Consigli europei. E in considerazione di ciò  penso che sia di per se evidente che il dare l'immagine di un paese mutevole, frenetico dai continui cambi di Governo e di Ministri non ci è di aiuto.

In conclusione l'Italia probabilmente prima di puntare il dito verso Bruxelles e Strasburgo dovrebbe puntarlo verso l'interno facendo una sana autocritica.
In altre parole, è solo dal cambiamento interno che può partire a sua volta un mutamento positivo della nostra posizione all'interno dell'Unione europea.


Umberto Stentella

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